Perchè imparare a programmare

Recentemente il coding è balzato agli onori della cronaca, inserito nei buoni propositi della prossima riforma della scuola. Leggere, scrivere ed imparare a programmare: ai genitori che si domandano l’utilità di tutto questo, vogliamo dare una risposta su due livelli: uno pratico ed uno etico.

A livello pratico, non è difficile immaginare che in futuro i professionisti in ambito informatico saranno sempre più richiesti. Già ora si stima che la domanda superi ampiamente l’offerta e le previsioni a livello salariale sono promettenti. Anche senza diventare professionisti in questo settore, la capacità di utilizzare il computer e di destreggiarsi con la rete è già oggi una competenza indispensabile non solo in ambito lavorativo ma anche nella vita quotidiana.
Le competenze alla base della programmazione (pensiero computazionale) sono trasversali a più discipline: una forma mentis che predispone ad affrontare i problemi in maniera creativa, gestire la complessità, allenarsi ad affrontare sfide difficili che ammettono più di una soluzione e spesso richiedono di comunicare e collaborare con altri per arrivare al risultato.

A livello etico formare i ragazzi all’uso delle nuove tecnologie significa trasmettere loro la consapevolezza della portata dell’informazione mediata dalle tecnologie. I ragazzi spesso sono utenti avanzati ma poco o nulla consapevoli: non sanno distinguere le fonti (“l’ho letto su internet”), non comprendono i concetti di diritto d’autore (“è sul web quindi è gratis”), si credono anonimi e quindi hanno una scarsa percezione del senso di responsabilità per cui tendono a comportarsi in maniera imprudente esponendosi a rischi personali, aggredendo il prossimo o fin anche arrivando all’illegalità.
Formare i ragazzi al coding significa mostrare loro cosa sta sotto l’interfaccia: sviluppare il loro senso critico rispetto all’informazione veicolata dal web, sviluppare un nuovo senso civico applicato al digitale.

Speriamo di avervi dato una rassegna di buone ragioni.
Speriamo che la #buonascuola riesca a realizzare entrambi questi obiettivi.
Nel frattempo Coder Dojo già vi si applica con un approccio ludico, di scoperta e condivisione.
Noi non siamo una scuola: non c’è un professore in cattedra e una lezione da ripetere, un esame o un voto finale, una risposta giusta o una sbagliata.
Ci sono adulti appassionati, volenterosi di condividere la propria esperienza e il proprio tempo con dei giovani curiosi, nativi digitali ma non per questo nativamente capaci di programmare.
Vogliamo che i ragazzi abbiano l’occasione di vedere cosa c’è dietro la tecnologia che utilizzano quotidianamente: vogliamo mostrargliene le potenzialità creative, renderli consapevoli dei possibili pericoli, spingerli a passare da utenti ad autori.
Fargli passare un bel pomeriggio in compagnia di altri ragazzi, magari fargli scoprire una passione che possa diventare il lavoro della loro vita.

E se in tutto questo credete che a divertirsi siano solo i bambini, vi sbagliate. Venite ad un nostro incontro, ve ne accorgerete: tanto è quello che si dà ma molto è anche quello che si riceve.

Potete sentire queste stesse motivazioni espresse dalla viva voce di Mitch Resnick, uno dei creatori di Scratch, il software che utilizziamo nei nostri dojo

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