Metti via quel cellulare – Aldo Cazzullo

Chiunque abbia dei figli adolescenti, avvertirà un senso di déjàvu leggendo questo libro. Un padre e i suoi due figli – 18 e 21 anni circa – si confrontano sui pro e contro dell’attaccamento al cellulare.

Il padre ovviamente si fa portavoce delle preoccupazioni proprie della “vecchia generazione”: il cellulare distrae, isola, impoverisce i rapporti sociali, sottrae tempo in occupazioni inutili, alimenta il narcisismo. Al di là del device in sé, i social media creano dipendenza e sono lo sfogatoio delle peggiori inclinazioni umane: lungi dall’aumentare i confronti, restringono la discussione alle sole persone che la pensano come noi, sono il luogo in cui l’opinione e l’ignoranza vengono esaltati sui fatti e sulla competenza. I media digitali hanno distrutto l’editoria, la cultura, sottratto lavoro col beneplacito del pubblico che non si rende conto di pagare comunque i servizi con le proprie informazioni personali, cedendo così potere ai giganti del Web (Google, Facebook, Amazon e simili). I social hanno ucciso la politica, favorito il ritorno delle correnti più estremiste.

I figli ovviamente sono portavoci dell’entusiasmo digitale e dell’ottimismo (e quando se non a 20 anni?): il cellulare consente di essere sempre in contatto con le persone che amiamo, rinforza i rapporti sociali irl (in real life ovvero quelli reali) e consente di crearne altri anche oltre i vincoli geografici. Non isola, aggrega sulla base di interessi comuni anche persone che normalmente nemmeno si parlerebbero.  La mediazione del device permette anche ai timidi di crearsi una rete sociale e sentirsi meno soli.
Grazie al web e alle app è possibile trovare nuovi impieghi per il tempo libero, vedere il mondo anche senza viaggiare e pianificare viaggi in posti di cui non si sospettava l’esistenza.  Certo, il rischio dipendenza è alto così come la tentazione all’impulsività e cattiveria gratuita ma i giovani ne sono consapevoli, così come sono consapevoli del fatto che l’informazione è molta e va filtrata, che non tutti sono in buonafede, che i più fragili non hanno protezione e che spesso i più popolari sono quelli che hanno meno da dire ma sanno come dirlo.  L’editoria dei “vecchi giornali” era moribonda prima del web: già la televisione era imputata del suo assassinio. Tanto più vero per la politica: i partiti non parlano ai giovani da decenni. L’idealismo, l’attivismo politico sul web viaggiano su canali informali: le primavere arabe, la marcia delle donne tutte cose nate dal basso, dai giovani e dai social. La cultura è uscita dai luoghi elitari che la custodivano, si è fatta più accessibile e rimaneggiabile alimentando una spirale creativa che spesso, invero, ignora le questioni di copyright ma che produce il nuovo sempre sulle spalle del classico. Il lavoro non sparisce, si trasforma: ci saranno nuove professioni ed impieghi di livello sempre più specializzato. La storia e la memoria hanno nuovi custodi: forse sappiamo meno ma abbiamo la possibilità di conoscere tutto. Col cellulare, sempre e ovunque.

Alla fine, nessuno prevale sull’altro anzi c’è un mutuo riconoscimento della validità delle reciproche posizioni. I vecchi hanno il diritto di preoccuparsi e lamentarsi, i giovani hanno il diritto di cambiare e di osare. Certo, i due ragazzi chiamati a difendere la causa del cellulare – che in realtà stanno difendendo la causa del Web poiché di contenuti si discute, mica di strumenti – sono avversari di un certo livello, lasciatemi dire sopra la media poiché i loro riferimenti culturali sono elevati (non per niente dato il background familiare) e sebbene confessino anche di sprecare tempo dietro agli YouTubers del momento e videogiochi come CandyCrash utilizzano lo strumento anche in modi creativi e proattivi con consapevolezza e competenza delle modalità comunicative del mezzo a loro disposizione.

Come tutti i giovani tuttavia, c’è una certa dose di boria 🙂 l’idea è che i rischi del Web tocchino solo ad altri, a quelli meno smart (e in quel caso poverini eh ma peggio per loro) e che un futuro di lavori creativi e altamente specializzati sia alla portata di tutti. L’idea che i dati concessi ai big della Rete siano solo quelli che sono disposti a cedere e che, in ogni caso, il gioco valga la candela. Si sente l’innocenza con cui credono che le persone buone possano alla fine prevalere sui furbi proprio perché nella Rete tutto è rintracciabile: “male non fare, paura non avere”. La disillusione non dovrebbe abitare i 20 anni ed infatti la conclusione del libro nelle parole dell’autore segna appunto questa linea: bello pensare che i nostri figli possano essere migliori di noi, certo però perchè possano riuscirci sta a noi adulti di adesso preparare la strada. Passare gli strumenti culturali ed etici, mostrarci curiosi e disponibili sul loro nuovo mondo.

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Titolo:
Metti via quel cellulare
Editore:
Mondadori – 2017
ISBN:
9788804681748

Questo libro è disponibile presso la Biblioteca di Vimercate.

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